Nel Paese sudamericano cresce la passione per il romanzo poliziesco e i suoi scrittori diventano sempre più internazionali

di Giorgio Ballario

L’Uruguay è una nazione poco più grande della Grecia, dunque molto piccola se confrontata con il resto del Sudamerica. Un Paese di quasi tre milioni e mezzo di abitanti, un terzo dei quali concentrati nella capitale Montevideo. Eppure, malgrado le dimensioni ridotte e i colossi vicini che gli fanno ombra (a partire dai confinanti Brasile e Argentina), l’Uruguay è sempre stata terra di talenti, nella cultura, nella letteratura e persino nel fùtbol, sfornando campioni a raffica e una selezione nazionale che ha sempre dato del filo da torcere ai più grandi, oltre ad aver vinto due campionati del mondo. Di recente c’è un altro campo in cui gli uruguagi si stanno facendo strada ed è l’universo della “novela negra”, cioè della letteratura noir e poliziesca. Considerati da sempre i “cugini orientali” degli argentini (la lingua è la stessa, l’amore per il tango, per il mate e la carne arrosto pure), da alcuni decenni gli scrittori di Montevideo e dintorni stanno seguendo le orme dei vicini platensi, considerati gli inventori del giallo sudamericano nonché la colonia di scrittori noir più attiva e numericamente folta del subcontinente americano.


Il boom della novela negra uruguagia ha origine nella seconda metà degli anni Ottanta, con il ritorno della democrazia dopo una dozzina di anni di regime militare, e sta vivendo il suo periodo d’oro con il nuovo secolo, che ha visto lievitare il numero degli scrittori e dei romanzi noir pubblicati. Merito anche di un’editoria piccola nei numeri ma dinamica e attenta alle nuove tendenze, come ad esempio HUM Estuario, che nella collana “Cosecha roja” ha pubblicato moltissimi degli autori polizieschi uruguaiani, da Mercedes Rosende a Renzo Rossello, da Gabriel Sosa a Pedro Peña. «In una saga, l’importante è la credibilità del personaggio centrale, la coerenza nella sviluppo della trama e, credo, anche descrivere il conflitto sociale», afferma Marcela Saborido, direttrice della collana lanciata nel 2010. Il mercato è ridotto, date le dimensioni del Paese, ma le vendite dei romanzi polizieschi uruguaiani «sono sufficienti per mantenere una collezione che ha superato gli undici anni di vita». Altri scrittori importanti come Hugo Burel e Gonzalo Cammarota sono stati pubblicati dalla filiale locale di Random House e il suo direttore editoriale, Julián Ubiría, sottolinea che entrambi «hanno venduto in maniera eccezionale, per essere libri di narrativa». Anche uno scrittore non di genere come Milton Fornaro (Minas, 1947), che è stato anche sceneggiatore televisivo e giornalista politico, anni fa si è cimentato con un bellissimo poliziesco, “Cadaver se necesita”, pubblicato nel 2006 da Alfaguara.

Ecco una carrellata degli autori che negli ultimi vent’anni sono riusciti a emergere nell’affollato panorama della novela negra uruguaiana. E talvolta anche all’estero, negli altri Paesi di lingua spagnola dell’America Latina ma persino in Europa, in particolare Spagna, Francia e Germania. È il caso di Mercedes Rosende (Montevideo, 1958), che è l’unica donna del gruppo ma forse è anche la scrittrice noir più famosa, conosciuta anche all’estero e approdata in Italia nei mesi scorsi con il suo romanzo “La donna sbagliata”, pubblicato da SEM (qui l’intervista a Latin Noir). Il suo personaggio seriale, l’investigatrice per caso Úrsula López, è nato in modo del tutto fortuito: conversando con uno sconosciuto all’aeroporto di Ezeiza, a Buenos Aires, durante uno scalo. «Lui parlava della sua ex moglie», racconta Mercedes, «e all’inizio ascoltavo come si ascolta la pioggia, in sottofondo. Poi ho iniziato a prestare attenzione e si è accesa una luce rossa. A un certo punto lui ha cambiato argomento e io l’ho interrotto: “Puoi continuare a parlare di lei?”, gli ho chiesto». Ed è stata una doppia svolta, perché quel passeggero in transito è poi diventato il suo attuale marito e i racconti sull’ex moglie sono diventati spunto per delineare la figura di Úrsula. La vita quotidiana, le notizie che compaiono sui giornali, ciò che le raccontano i suoi familiari e amici sono tutte fonti da cui Rosende attinge per creare i suoi romanzi. «Chi non si è mai sentito grasso guardandosi allo specchio?», sottolinea la scrittrice. «Oppure chi non ha mai subito atti di bullismo o non è stato infelice? Ed è di queste cose che parla la letteratura». La serie di Úrsula López, che si è aperta nel 2011 con “La mujer equivocada”, è poi proseguita con “El miserere de los cocodrilos” (2016) e “Qué ganas de no verte nunca más” (2019), due titoli che verranno tradotti e pubblicati da SEM nei prossimi mesi. E un quarto romanzo è in arrivo.

Un altro “big” della letteratura poliziesca uruguaiana è Renzo Rossello (Montevideo, 1960), per molti anni giornalista di cronaca nera per i quotidiani El Diario, El Observador e El País, professione che gli ha dato i primi strumenti per avvicinarsi al mondo della narrativa noir e che gli permette ancor oggi di essere chiaro, sintetico, preciso e di saper arrivare dritti al punto senza per questo diminuirne la qualità letteraria. Il suo protagonista, Obdulio Barreras (un nome estremamente uruguagio, sin dalla fonetica) è una specie di investigatore privato che ha contatti sia con la polizia, sia con la malavita, indaga su richiesta dei clienti ma risolve i casi sulla base di quanto è dettato dalla propria morale. Tutto questo in una Montevideo così riconoscibile da sembrare filmata e con personaggi secondari molto definiti e reali. Le avventure vissute da Barreras e raccontate nei romanzi “El simple arte de caer”(2018), “Cien veces muerto” (2019) e il più recente “El verdugo escondido” (2020), parlano di rapporti di lealtà nati dietro le sbarre, onesti poliziotti e politici corrotti, di storie di omofobia e transfobia, abusi sessuali, ossessive vicende del passato, uomini e donne che hanno bisogno di amare ed essere amati e consentono di assaggiare il vero potenziale di un genere letterario che un tempo era sottovalutato. «Quando ho scoperto il poliziesco di Chandler, Dashiell Hammett o Chester Himes, sono rimasto abbagliato e ho pensato di aver finalmente trovato un progetto narrativo interessante che permette di raccontare le vicende della strada, quasi una forma di romanzo sociale. Non si tratta solo di smascherare chi ha commesso un crimine, nei romanzi noir vengono a galla domande che hanno a che fare con ciò che tutti noi viviamo: che cosa è giusto o sbagliato? Mi sembra che il romanzo poliziesco sia un ottimo strumento per indagare sulle questioni umane».

Curiosa la nascita letteraria del detective Francisco Perrone, creato dalla penna dello scrittore Gonzalo Cammarota (Montevideo, 1976). Prima di comparire nei romanzi  “En Carnaval todo se sabe” (2014)“¿Por qué mataron a Jonathan Núñez?”(2018) e “Redención”(2019, pubblicati da Penguin Random House, Perrone ha debuttato nella serie radiofonica di un’emittente in cui Cammarota era uno dei conduttori. All’inizio l’investigatore privato era un personaggio caricaturale con sfumature umoristiche e l’autore non negava di ispirarsi all’irlandese John Connolly e al suo antieroe Charlie Parker. «Nelle mie prime bozze l’umorismo era più presente e Perrone aveva già un certo stile e una certa storia alle spalle. Ma col passare del tempo mi sono allontanato dalla serie radiofonica e a poco a poco la sua figura andava perdendo il tono umoristico degli esordi». Così come Rossello, anche Cammarota ritiene che questioni come il razzismo, l’immigrazione e la disuguaglianza sociale siano terreno fertile per la narrativa noir. Ad esempio, gli è capitato di indagare sul genocidio ruandese dopo essersi recato in Belgio per motivi di lavoro, incontrando alcuni esponenti delle forze di pace che avevano partecipato alle missioni delle Nazioni Unite lì. E da lì è nato “Redención”. Così come ha parlato a lungo con tifosi dei club organizzati delle squadre di calcio per documentarsi su quell’ambiente e scrivere “¿Por qué mataron a Jonathan Núñez?”. «I romanzi polizieschi descrivono una società che può anche essere violenta e partorire crimini e criminali, sostiene Cammarota, hanno delle caratteristiche che li avvicinano ai saggi di sociologia e diventano una fotografia dei diversi aspetti della società».

(continua)

Fonti: Revista Galéria, El Observador, El Paìs

2 pensieri riguardo “Il grande cuore nero del piccolo Uruguay (1ª parte)

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